Questo seminario vuole
proporre una visione “culturale” dell'ICF, che stenta a diffondersi
per via delle difficoltà e resistenze che si incontrano spesso nei
grandi cambiamenti sociali; la metodologia ICF introduce una diversa
classificazione della disabilità, varata dall'Organizzazione mondiale
della Sanità nel 2001 e recepita da 191 Paesi nel Mondo. In che cosa
allora l'ICF rompe con il passato?
Innanzitutto sposta
l'oggetto della classificazione dalla menomazione alla salute.
Dalla tendenza ormai
appartenente al passato di misurare e valutare menomazioni, patologie e
deficit di capacità si passa a rilevare dati sulla salute, le
competenze attive e gli stati funzionali.
L'adesione al modello
antecedente all'ICF aveva fatto credere che gli interventi di
riabilitazione e soprattutto quelli centrati sull'integrazione
scolastica, lavorativa e sociale potessero avere fondamentalmente come
bersaglio privilegiato la riduzione “dell'handicap”.
Quanto più però si
affermava questo principio, tanto più sembrava che la disabilità e la
menomazione fossero qualcosa di immodificabile oppure appannaggio di
interventi specialistici e di tipo biomedico.
Ecco che l'ICF abroga il
costrutto di handicap e lo trasforma includendolo in quello di disabilità.
Nella nuova concezione la
disabilità viene ora definita come risultato di una discrepanza tra le
richieste
dell'ambiente e le
prestazioni di un singolo individuo. Adesso le disabilità si possono
ridurre.
Il seminario affronta le
problematiche relative a quale ruolo avranno le tecnologie usate sia per
consentire una più ampia diffusione e utilizzo di questa “cultura”,
e quali cambiamenti nell'approccio alle tecnologie assistive dovranno
essere adottati per valorizzarne l'uso nei vari percorsi rivolti
all'integrazione delle persone con disabilità.