Seminario a tema
“L’azienda apprende”

 

Stefano Zamagni - Ordinario economia politica - Università Bologna

"L'AZIENDA RESPONSABILE."


..Ho apprezzato molto il titolo "Accessibilità misura di civiltà" ed in particolare il titolo di questo convegno "l'Azienda apprende"….

Cercherò di rispondere alla domanda "perché è ancora così difficile, in Europa ed in particolar modo nel nostro Paese, far capire che il disabile è un soggetto capace di lavorare e produrre valore aggiunto?"
Come abbiamo sentito dal dottor Fanti, INAIL lancia un bando, fornendo risorse e nessuno risponde. Si chiedono i soldi e nessuno ha fatto domanda,…perché? Con queste risorse disponibili che non vengono sfruttate è quasi scandaloso.

Il fatto è casuale? La mia tesi è che c'è un ritardo culturale. Per argomentare questa tesi mi attengo ad una considerazione in chiave di storia dei fatti economici. Voi sapete che l'economia di mercato è iniziata in un particolare contesto storico - l'Umanesimo Civile del 1400 -. L'economia di mercato la inventiamo noi Italiani. Uno dei punti che è alla base della nascita dell'economia di mercato è la divisione del lavoro. Perché è nata la divisione del lavoro? Molti direbbero "..perchè aumenta la produttività..", ma questa non è una risposta, è una tautologia. Come mai chi ha lavorato per l'economia di mercato ha voluto iniziare con la divisione del lavoro? Prima esisteva solo la divisione di tipo verticale, non orizzontale. La risposta è, se leggiamo i testi del '400, "per consentire ai disabili di lavorare". Senza divisione del lavoro soltanto le persone abili, capaci e forti erano in grado di provvedere a se stessi e quindi chi nasceva "storto" (se mi passate il termine) veniva fatto morire, non per cattiveria ma perché non poteva badare a se stesso.

La divisione del lavoro nasce per consentire al disabile di inserirsi nella società produttiva. I primi uomini d'impresa proposero l'argomento di modificare il processo produttivo per consentire a tutti di produrre valore aggiunto. E questa fu l'idea vincente, ance se noi non ci pensiamo…È stata proprio la presenza dei disabili a far nascere questa idea. La passione e l'interesse degli uomini di quel tempo, già faceva ritenere che non era né giusto, né conveniente far lavorare solo i "capaci". - Passano alcuni secoli: questo modello di economia di mercato viene superato dalla rivoluzione industriale e con essa inizia la società industriale nel '700.

Cosa succede? Che la società industriale è la società dove lavorano solo i "capaci". Cosa se ne fa dei disabili? Avviene un cambiamento radicale: la disabilità viene inserita nel ramo del sociale e la parola chiave è compassione del disabile. Ed ancora oggi noi siamo vittime di questa concettualizzazione. Un' atteggiamento di compassione che scatena anche generosità…,e per fortuna direi…, però non è soddisfacente perché la compassione è figlia della società industriale e non soddisfa il criterio del rispetto. Il disabile è tollerato e non rispettato. Qual è allora la novità di oggi, di questi ultimi anni? Come tutti sanno, siamo entrati nell'epoca post-industriale.

Nonostante siamo tutti a conoscenza di questo, però, non riusciamo a trasferire questo mutamento epocale in qualcosa che riguardi i disabili. Ed è il problema di oggi, si fa fatica a cambiare perché non è stata cambiata la nostra mappa cognitiva, è ancora quella della società industriale.

Allora si capisce perché la disabilità deve entrare dentro l'economico, non nel sociale ed è un errore fondamentale. La spesa pubblica per la disabilità rientra nella solidarietà, ed è un errore..!

Bisogna tornare a restituire dignità piena al disabile. Quando il disabile non viene "parcheggiato" ma lavora davvero, allora la sua dignità è rispettata. L'ASPHI fa da guida in questa "battaglia di civiltà". Quest'ultima vuol dire convincere i politici che i soldi e le risorse riservati per la disabilità devono essere considerati nel capitolo dell'economia. Quali sono le implicazioni di questo discorso? Sono due: primo, il ruolo fondamentale delle nuove tecnologie e dei produttori di esse. Facciamo un patto vero con il mondo delle imprese che le producono, il disabile deve tornare a produrre valore ed oggi è possibile.

La seconda implicazione è: bisogna rivedere il modo in cui il welfare-state funziona, cioè passare dal modello vecchio a quello nuovo. L'idea base è attuare politiche che tendono a promuovere le condizioni di vita. Questo però è un modello vecchio e superato: dobbiamo misurare non le condizioni ma migliorare le capacità di vita, ossia le "capabilities".

E questo cambia non poche cose, variando il modo in cui i soldi vengono spesi o utilizzati. I fondi disponibili che non vengono spesi sono bloccati dal welfare, di stampo ancora industrialista. Come si può provare a convincere chi non la pensa così? Un welfare abilitante genera sviluppo economico. Le spese di welfare dovrebbero passare da "consumi sociali" a "investimenti sociali." Se così fosse il welfare sarebbe la prima concausa dello sviluppo.

Se si rovescia il nesso causale crescitaàwelfare le risorse vengono fuori. Bisogna utilizzare il meccanismo di mercato per far sì che anche dal punto di vista dell'impresa sia conveniente mettere al lavoro il disabile. È inutile fare la cultura del piagnisteo tipicamente italiana: le risorse non le abbiamo perché non le vogliamo avere.

Ritengo che sia importante il lavoro che ASPHI ed altre associazioni portano avanti: l'assistenzialismo è superato, ora l'obiettivo è provocare un cambiamento di civiltà coinvolgendo imprese e politiche del welfare.
Proviamo a capovolgere ed a destinare un 25% alle condizioni di vita e ridirezionare gran parte delle risorse per aumentare le capacità di vita dei portatori di bisogni in generale, e nel nostro specifico dei disabili. I risultati sarebbero strepitosi, perché dove ho già fatto questo discorso, poi la gente ci riflette e pensa che si sta andando nella direzione giusta: restituire dignità e rispetto ai disabili.
Il ruolo delle associazioni è fondamentale, speriamo che avvenga ancora qualcosa di più del 5 per mille, ed ho motivo di ritenere che potrà accadere, per sostenere questa "battaglia di civiltà". Grazie.

 

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