Laboratorio
“Comunicazione e sistemi simbolici: contesti e bisogni educativi”

 

Giovanni Fronticelli


Adesso tocca a me e mi sembra che non sia facile perché credo che Ezio ci abbia dato molti spunti di riflessione e credo che probabilmente ci sarebbe forse bisogno di più tempo per la riflessione dei problemi sollevati che non addentrarci adesso affrontando il problema in termini, così, tecnici e razionali. 

Comunque mi sembra che possiamo partire proprio da quello che abbiamo vissuto e sperimentato da una parte il desiderio, la voglia dell'interazione, dall'altra la difficoltà che comunque permane nell'interazione e una libertà maggiore determinata dall'uso dell'ausilio, ma contemporaneamente un suo essere incompatibile con i tempi dell'interazione per cui diciamo sostanzialmente una contraddizione molto forte. 

Credo che possiamo partire da qui per vedere come non sia affatto semplicistico il rapporto tra comunicazione, sistemi simbolici ed evidentemente anche supporti dei sistemi simbolici stessi. Perché chi usa modalità di comunicazione aumentativa è comunque sempre costretto a muoversi in questa contraddizione a destreggiarsi fra l'esigenza di completezza del proprio pensiero e invece l'esigenza di una interazione soddisfacente. 

Mi è sembrato di capire, anche da quello che diceva Ezio, che quando lui per conto suo scrive una poesia o scrive per conto suo o risponde alle e.mail che io gli mando, lui abbia il piacere dell'esprimere il proprio pensiero in maniera compiuta, ma che usare l'Etran gli dà il piacere del contatto, dell'interazione però per questo avvenga deve avvenire secondo modalità che rispettino tempi di attenzione dell'interlocutore, velocità perché altrimenti l'interlocutore si distrae, in più possiamo anche dire che è legato alla disponibilità dell'interlocutore perché ci possono essere interlocutori più disponibili e altri meno disponibili. 

Nonostante questo è preferibile il contatto e l'interazione e anche una rinuncia al proprio pensiero fino in fondo rispetto a esprimere il proprio parere fino in fondo nell'isolamento di una stanza, senza il contatto con l'altro. Mi vorrei agganciare a questo perché quando si parla di comunicazione aumentativa, facendo consulenza a insegnanti, a genitori, spesso esiste un pregiudizio per cui la efficienza della comunicazione è in maniera esclusiva collegata alla sofisticazione del sistema simbolico che viene usato, oppure all'ausilio tecnologico, cioè credo che nulla più dell'esperienza che abbiamo fatto oggi pomeriggio ci fa capire che non è così, sono importanti strategie comunicative del parlante, abbiamo visto che, a un certo punto Gabriella è andata in difficoltà, diciamo che conta molto non solo la competenza del disabile, ma anche la competenza di chi sta con lui, di chi parla con lui. Ci sono al di là della sofisticazione del sistema simbolico o dell'ausilio dipende tutto ancora dall'interlocutore se ascolta o non ascolta, come ci diceva Ezio nella sua poesia. 

Non esistono modalità di comunicazione perché più sofisticata dal punto di vista simbolico tecnologico migliore di altre, ma le modalità di comunicazione sono efficienti se adeguate agli interlocutori e ai contesti comunicativi. Quando è stato chiesto "la useresti la sintesi vocale?" Ezio ha risposto "dipende, dipende dal contesto e dalla situazione". Ci sono situazioni in cui uno può usare l'Etran, ci sono delle situazioni in cui uno è meglio che usi la forma scritta. Ci sono situazioni in cui valgono i colpi d'occhio prima per dirmi che usava il joystick per l'emulazione del mouse mi ha dato un colpo d'occhio sul joystick della carrozzina, e se avesse usato l'Etran ci avrebbe messo dieci volte di più per cui non è detto che un sistema simbolico o un ausilio sofisticato siano meglio di soluzioni povere o meno simboliche. Dipende dall'interlocutore e dal contesto.

Questo discorso è importante, d'altra parte nella comunicazione aumentativa nella sua letteratura tecnica nei gruppi di lavoro che si dedicavano alla comunicazione aumentativi, fin dalle origini non c'è mai stato l'isolamento di un ausilio o di una tecnica, ma sono sempre confluite più tecniche fin dall'inizio. In particolare c'era il discorso della gestualità, c'era il discorso di uso dei sistemi simbolici e c'era l'uso di ausili tecnologici, questi erano i tre filoni che nel 1983 sono confluiti e nessuno dei tre prevaleva. 

Poi dopo la storia è continuata, sono confluite nuove conoscenze, soprattutto negli Stati Uniti, in nord Europa con la ricerca universitaria sono state acquisite conoscenze da diverse branche della scienza, dalla neurologia, dalla psicologia, dalla linguistica e via di seguito, e soprattutto si sono estese, come abbiamo anche visto nella panoramica che ha fatto Gabriella Veruggio, anche gli interessi, i campi di applicazione, si è passati da persone adulte traumatizzate di guerra sostanzialmente, cioè la comunicazione aumentativa negli Stati Uniti inizia per i reduci del Vietnam in sostanza, adulti con traumi da guerra, oppure bambini con paralisi celebrale, via via viene estesa a bambini con disordini pervasivi dello sviluppo, con ritardo mentale, con forme e situazioni cliniche molto diverse. E per ogni situazione non viene applicata sempre la stessa tecnica, la stessa situazione, ma vengono individuate o si cerca di individuare strategie specifiche, metodologie specifiche. Noi non abbiamo partecipato a tutto ciò, tutto ciò ce lo raccontano o l'andiamo a leggere. 

In Italia la comunicazione aumentativa si è diffusa negli ultimi anni e come si è diffusa? Non si è diffusa perché questa narrazione, magari approfondita, interessante uno la è andata leggere, è andato a studiarsela, si è diffusa per effetto, io dico, pubblicitario, ma non è negativo, cioè succede che un bambino in una scuola di Lucca usa una certa tecnica di comunicazione, non so una tabella con dei simboli PCS, l'insegnante accanto vede, un altro genitore vede e pensa di applicare la stessa tecnica anche al suo bambino, anche se magari è diverso, anche se le tecniche che occorrevano sarebbero state diverse. In sostanza il meccanismo di diffusione della comunicazione aumentativa in Italia è stato questo per cui si sono diffuse tecniche separate dalla metodologia e separate fra di loro per cui, a seconda dei periodi, si diceva che fare la comunicazione aumentativa era fare il linguaggio Bliss. Oppure c'è stato tutto il periodo dell'uso degli elaboratori ..... 
... ci vuole il computer per comunicare, con il computer riusciamo a comunicare, la comunicazione aumentativa è usare il computer. 

Poi ci sono gli ausili con l'uscita in voce, i Voca, gli ausili per la comunicazione in senso stretto, in questo momento va molto di moda dire che la comunicazione aumentativa è usare il PCS, che è uno dei sistemi simbolici grafici. Poi al contrario potremmo anche dire, e anche questo è interessante, che invece usare il codice alfabetico non è fare comunicazione aumentativa, ma è fare altre tecniche, ma non sono comunicazione aumentativa, come se ci fosse contrapposizione, come se ci fosse una tecnica migliore dell'altra, mentre invece le metodologie che ti fanno scegliere una tecnica al posto dell'altra, che ti fanno individuare la soluzione adatta al contesto queste sono scarsamente diffuse e conosciute. Invece sono il cuore perché la comunicazione aumentativa alternativa non è una singola tecnica, ma prima di tutto è un approccio, come descriveva Gabriella Veruggio, che riconosce il diritto alla comunicazione, l'importanza del comunicare anche in forme diverse e che dà voce e dà potenziamento, incrementa queste modalità diverse da quelle standard. 

La comunicazione aumentativa non si deve limitare alla ricerca di soluzioni, tecnologie oppure alla loro applicazione, nella comunicazione aumentativa viene ritenuto centrale promuovere strategie comunicative negli interlocutori, cioè sempre più si è consapevoli che conta il lavorare con il disabile, ma conta forse di più lavorare con i suoi insegnanti, con i suoi educatori, con i suoi genitori perché la cosa importante non è che un ragazzino disabile sia capace di parlare in ambulatorio con il logopedista, ma deve riuscire a parlare nel quotidiano, dove emergono i suoi bisogni comunicativi perché se è un intervento che serve a dare voce ai bisogni comunicativi, deve essere usato dove i bisogni comunicativi ci sono, non nell'ambulatorio. 

Contemporaneamente si è anche consapevoli che, se non vengono procurate occasioni di comunicazione è un lavoro del tutto inutile per cui un intervento di comunicazione aumentativa si deve basare, sì sull'uso di sistemi simbolici, sì su tecniche di trasmissione, certo, ma anche fortemente su questi altri aspetti. 

Poi la comunicazione aumentativa rispetto a tecniche tradizionali, sia di riabilitazione sia di insegnamento ha alcune metodologie di fondo che la unificano e che sono quelle che distinguono realmente la comunicazione aumentativa, cioè io posso usare una simbologia pittografica per fare delle attività didattiche, va benissimo, però non sto facendo comunicazione aumentativa. Posso usare per l'apprendimento o per altro e va benissimo, però non è comunicazione, oppure può succedere che io usi le tabelle di comunicazione, ma semplicemente chiedendo al bambino "dov'è la casa? dov'è il cane? Sai dov'è l'albero?" cioè chiedendogli di dimostrarmi il riconoscimento, questa è una cosa che succede molto spesso, sto usando le simbologie tipiche della comunicazione aumentativa, ma non sto facendo comunicazione aumentativa. 

Quello che distingue è il fatto che non si fonda sull'esercizio, ma su esperienze di comunicazione, l'idea di fondo è che non si impara a comunicare se non comunicando. L'altra idea fondamentale della comunicazione aumentativa è l'individuare le abilità residue della persona e scegliere strategie di comunicazione e simbologie che si adattino, che si fondino, si basino su queste abilità e queste competenze per metterle immediatamente in gioco proprio nell'idea della facilitazione il più immediata possibile della persona con la difficoltà. Utilizzando il codice alfabetico in particolare, è poi importante tenere presente alcune distinzioni. In particolare la distinzione fra comunicazione faccia a faccia e scrittura. Scrittura vuol dire comunicazione non faccia a faccia, ma senza l'interlocutore, in assenza dell'interlocutore. 

L'esempio ancora di Ezio prima era molto evidente, cioè riceve una mail e scrive, l'interlocutore non c'è; qui invece ha persone che fanno domande, si risponde: siamo faccia a faccia. Sono modalità, sono funzioni prima di tutto, comunicative diverse, con caratteristiche diverse, anche se usano lo stesso sistema simbolico. Avete visto la differenza che c'era fra una forma scritta e una forma diciamo "parlata". 

Questo è importante perché il codice alfabetico è da noi storicamente usato nella nostra cultura come per la scrittura; nella comunicazione aumentativa quando si usa il codice alfabetico lo si usa invece per la comunicazione faccia a faccia, quindi stravolgendone in qualche maniera l'uso. 

Non so se avete visto il gioco con Gabriella che faceva da facilitatore sull'ortografia, è un problema tutto diverso da un testo scritto, cioè appena Gabriella aveva capito una parola immediatamente la diceva, a un certo punto una parola non è riuscita a capirla, l'ho capita io l'ho detta e si è andati avanti. Non c'è nella comunicazione faccia a faccia la stessa esigenza di precisione ortografica, di precisione sintattica, grammaticale come nella forma scritta, come non c'è nel mio parlato, nel parlato che sto usando adesso che cerca di essere un discorso per cui qualche cosa di scritto ce l'ha nella sua forma, ma molto meno e nonostante i miei sforzi, se venisse registrato la trascrizione sarebbe molto difficile. 

E' importante questa distinzione perché i ragazzini vanno a scuola e a scuola la scrittura viene usata per l'apprendimento e c'è molta insistenza invece su aspetti di uso del codice alfabetico legato alla scrittura e all'apprendimento. 

E allora può capitare che un ragazzino cerchi di comunicare e invece venga fermato sull'apprendimento, che non ci sia distinzione, che sono funzioni diverse, che quello che può essere tollerato, che non ha importanza nella comunicazione faccia a faccia perché si tratta di capirsi, invece si acquisisca un'importanza tutta diversa quando si tratta di scrittura, quando si tratta di apprendimento. Un'altra ragione per approfondire questi discorsi fra apprendimento e scrittura, fra apprendimento e comunicazione col codice alfabetico è che molti bambini, molti ragazzi vengono esposti all'apprendimento della scrittura, del codice alfabetico come sistema sofisticato nell'idea che, una volta che hanno imparato a usare il codice alfabetico poi comunicheranno, cioè come se potesse essere rimandato per anni l'esercizio di funzioni fondanti come la comunicazione. 

Questo è un grave errore perché la comunicazione non è conseguente all'apprendimento, ma al contrario è un prerequisito all'apprendimento, questo è un grave errore tecnico anche perché lo sappiamo per i bambini normali, cioè tutti, insegnanti, logopedisti si interessano "ci sono le funzioni metafonologiche, metalinguistiche? Perché se non ci sono il bambino non è pronto per imparare a leggere e scrivere?". Funzioni metafonologiche e metalinguistiche ci sono se il bambino ha comunicato, altrimenti non ci sono per cui la comunicazione è un prerequisito indispensabile, quindi non va aspettato, il primo problema è comunicare. 

Se è vero questo non deve esistere contrapposizione fra sistemi simbolici, non è che un sistema è migliore dell'altro, a seconda dei bambini, quindi dei quadri clinici che presentano, delle potenzialità che hanno e dell'età che hanno e delle esigenze comunicative che hanno, cioè a seconda dei contesti e delle situazioni. 

E' importante naturalmente, è ovvio, che prima di arrivare al codice alfabetico deve avere avuto altre esperienze di comunicazione simbolica e quindi l'importanza dei simboli pittografici, ma anche per i simboli pittografici va posta la distinzione se vengono usati per la comunicazione faccia a faccia o per la scrittura. 

Perché? Perché i bambini che utilizzano forme di comunicazione aumentativa non è detto che siano pronti per imparare a leggere e scrivere, può darsi anche che alcuni non impareranno mai a leggere e scrivere. Mentre invece funzioni di comunicazione in assenza di interlocutore, quando non venga usato il codice alfabetico, forse sono in grado di esercitarle, e forse è bene che vengano esercitate perché vuol dire autonomia, autonomia mentale, autonomia di pensiero, autonomia esistenziale. 

Un esempio di scrittura con simboli: una pagina di una favola, dei simboli pittografici attaccati sotto in maniera più o meno ordinata, scelti, incollati. L'oca è molto arrabbiata col topo perché ha buttato giù il vaso di fiori e l'ha rotto. 

Un bambino può darsi che queste cose non le riesca a scrivere in codice alfabetico mai, però a scegliere dei simboli, a narrare questo forse sì. Perché questo sia possibile, stiamo pensando in cartaceo, occorrono delle tecnologie tutte diverse, quando si parla della comunicazione faccia a faccia e dei sistemi simbolici grafici stiamo pensando alla tecnologia delle tabelle, a delle tabelle di comunicazione, stiamo pensando all'individuazione dei bisogni comunicativi e alla loro rappresentazione su tabelle. 

Quando invece pensiamo alla scrittura per simboli stiamo pensando anche a strumenti tutti diversi, per esempio avremo bisogno, non di tabelle, ma di sorta di vocabolari stampati, che uno possa ritagliare il simbolo senza per questo averlo perso, cioè perché c'è anche il giorno dopo, c'è da metterlo su un'altra pagina, come per le parole, come per le lettere. 

E questo era una base, la scrittura per simboli in materiali poveri , materiali cartacei, poi ci sono gli strumenti software, ce ne sono ormai molti, che consentono di utilizzare la simbologia grafica mischiata alla simbologia alfabetica. Il bambino può a partire dall'immagine, scrivere del testo che risulta scritto oppure può partire copiando delle parole e queste vengono poi dopo illustrate anche graficamente quindi continuano a conservare un significato anche a distanza di giorni e di tempo, come vedete il rapporto particolare che si stabilisce fra simbologia grafica e scrittura con sistemi del genere è che la simbologia grafica fornisce elementi di riconoscimento del significato della parola mentre naturalmente non dà informazioni su quella che è la morfologia, su quella che è un singolare o un plurale, un maschile o un femminile, se è un verbo com'è coniugato. 

Ma per molti bambini non sarebbe neanche necessario, anzi per la maggioranza dei bambini che usano queste cose non è necessario, delle volte invece è necessario ed è allora il ricorso anche a strumenti software sofisticati come questo che usa il linguaggio pittografico rebus che è in grado anche di illustrare graficamente la coniugazione, il singolare e il plurale e via di seguito.

Vedete: per le tigri c'è un segno di plurale; "facevano" c'è un segno di freccia indietro che dà il tempo passato; ci sono tre oggetti che danno la terzo persona plurale e via di seguito. Queste ultime slide ve le faccio vedere: sono esempi di uso della scrittura per simboli determinata da occasione e situazioni in cui era necessaria. Quando il giorno dopo il bambino deve andare in piscina con l'insegnante di sostegno, con gli altri compagni, deve ricordarsi di portare le ciabatte, di portare il costume da bagno, di portare l'asciugamano. Sarebbero cose che gli altri bambini scrivono col codice alfabetico sul diario, da una certa età in poi, siccome l'hanno scritto sul diario, devono ricordarselo, cioè stiamo parlando dell'uso vero della scrittura perché si impara a scrivere perché serve, serve a ricordarsi, serve a scrivere agli altri, in questo caso a ricordarsi. Un bambino che non accede al codice alfabetico viene altrimenti condannato a non accedere a forme di memoria esterne che invece sono per lui possibili, oppure deve ricordarsi di portare le forbici e la colla, oppure deve ricordarsi di andare a comperare insieme alla mamma la farina, il latte, lo zucchero, però la cosa importante è questa: perché se lo deve ricordare? Se lo deve ricordare perché c'è un'occasione ed è che c'è un laboratorio di cucina a scuola e devono fare una torta, dei biscotti, qualcosa. 

Se qualcuno non conosce questi strumenti ed è interessato a sapere come funzionano: ci sono sostanzialmente delle griglie su schermo che possono fornire o indici di copiatura come se fossero dei vocabolari per bambini che utilizzano la memoria visiva oppure possono addirittura essere scelti attraverso sistemi a scansione o attraverso il mouse per essere selezionati e scritti, però avevo scelto quest'ultima videata perché ci fa capire bene che se manca il progetto, se non ci fosse stata questa attività non sarebbe neanche esistita la necessità di scriversi questa cosa per cui ancora una volta, e volevo concludere, sul fatto che occuparsi di comunicazione vuol dire occuparsi insieme sia degli strumenti, sia di promuovere le occasioni di partecipazione e di comunicazione. 

Grazie.

(Testo non rivisto dal relatore)

 

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