Workshop
Il diritto di leggere:  politiche istituzionali e innovazioni tecnologiche per l'accesso dei disabili all'informazione e alla cultura

 

Carlo Loiodice - Consulente Sala Borsa Bologna


Siccome Anna Maria vi ha già raccontato che cosa c’è in Sala Borsa, io vi racconterò una parabola. Un mesetto fa, mi si è ferito il gatto, è un gatto libero, gira per tutto il quartiere, s’è fatto male e girava con una zampa su.

Allora noi in casa gli abbiamo preparato tutto un cestino morbido per mettercisi su, non c’è mai andato, faceva miau gli davamo da mangiare, non lo voleva, probabilmente voleva uscire.

Insomma, questa nostra attenzione nei confronti del gatto disabile non sortiva risultati e allora io, per la prima volta in vita mia mi sono sentito dalla parte delle istituzioni: cioè di quelle cose astratte, ma anche persone concrete, che di fronte a un problema come la disabilità, lo leggono e lo decifrano con un loro alfabeto che ovviamente è un alfabeto consolidato ormai da secoli con cui le istituzioni si reggono, ma è un alfabeto che non sempre va a coincidere con la risposta che pensa di ottenere dall’altra parte.

Questo, lo racconto perché è quello che è successo un po’ in molti casi di cui ho notizia, presso alcune biblioteche o strutture bibliotecarie che negli anni scorsi si sono dotate di ausili o di attrezzature per consentire ai non vedenti di leggere. Ausili che sono rimasti spesso inutilizzati o sotto utilizzati, con un grossissimo rischio ovviamente. 

Il rischio era che poi da qualche altra parte, là dove ci poteva essere una domanda di base mirante a ottenere una certa accessibilità alle biblioteche, la risposta poteva essere: “Ma insomma, se poi dove c’è non ci andate, come facciamo a concentrarle dappertutto?

Cosa facciamo, disseminiamo le biblioteche di computer, di screen reader ecc. poi non ci va nessuno?”

Questo è ciò che mi è suonato in testa quando tramite Marina all’Asphi, ho saputo che in Sala Borsa qui a Bologna c’erano i finanziamenti per attrezzare le postazioni. Siccome avevo fatto per trent’anni l’insegnante ho pensato che potevo essere una persona giusta, in quanto conosco i libri e l’informatica per non vedenti. Dunque avrei potuto  seguire un po’ d’appresso questa cosa, con un certo patema, perché ovviamente il rischio era quello che queste cose messe lì in mezzo con tanto di finanziamento del Rotary e con tanto di prosopopea, perché voi capite: “Arriva si apre la nuova Sala Borsa, tutta quest’aula multimediale, tac, alcuni computer non si possono usare perché sono quelli dei disabili no?”

Sì, la gente dirà: “Sì, bellini questi computer per disabili, però non viene mai nessuno, cosa li hanno messi a fare?”

Era un rischio che andava corso , ma che io temevo tanto più che quando parlavo con persone nella mia condizione, dicendo: “Guardate che c’è questa cosa ecc. ecc.” e, lo dicevo a chi per primo?

Soprattutto ad insegnanti, comunque a persone che leggono, queste persone mi deprimevano perché mi rispondevano: “Ma cosa vuoi che vada a fare in biblioteca, io ce l’ho a casa il computer, lo scanner; già leggo da anni cosa vuoi che stia ad andare là?” E io mi dico: “Certo, se questo me lo dice uno così, figurati cosa mi dirà quello che neanche legge!”

Allora, abbiamo pensato che non bastava mettere degli ausili, rendere accessibile, se non c’era quello che… (recentemente ho sentito l’intervento di Giuseppe Laterza l’editore), dice: la domanda e il bisogno. Non sempre c’è domanda dove c’è il bisogno?

Un piccolo paese di provincia dove non c’è una libreria perché non c’è domanda sufficiente di libri, (non è che poi non ci sia il bisogno di leggere, no)?

Allora la domanda è un qualcosa di commerciale che attiene al valore di scambio, il bisogno è qualcosa che attiene invece al valore d’uso, qualcosa di più profondo. Se l’istituzione si attesta su questo secondo fronte, quello del valore d’uso, ecco che le modalità e i tempi non possono più essere quelli del mercato: cioè non basta scoraggiarsi dopo un anno. Io devo dire che insomma, a Bologna l’anno lo stiamo passando e se la direttrice è così contenta evidentemente qualche ragione c’è, no?

Cioè, nel senso che queste postazioni vengono alla fine utilizzate. Abbiamo comunque cominciato una campagna informativa presso le scuole che ancora non hanno risposto in maniera sensibile e presso l’associazione che, anche questa ha risposto in maniera un po’ tiepida devo dire e tuttavia la cosa si sta sviluppando.

Oggi ormai possiamo dire che a Bologna in Sala Borsa un disabile visivo non vedente e ipovedente (e da oggi staremo a vedere i disabili motori), la biblioteca è accessibile… E la gente comincia ad accedervi...

Per tornare al gatto, alla fine, io, il cestino dove lui doveva andare a dormire e non è mai andato, l’ho tolto, perché il gatto andava sempre sul divano.

Mi chiedo, se quel cestino l’avessi lasciato lì, magari facendolo diventare elemento stabile di arredamento, il gatto prima o poi ci sarebbe andato per i fatti suoi, l’avrebbe sperimentato, forse gli sarebbe piaciuto, ma insomma il problema è che ci sarebbe andato, da gatto in salute, non da gatto malato o da gatto disabile. Non so se sono riuscito a rendere. Il disabile non deve andare in biblioteca da disabile, deve andare in biblioteca da cittadino e se noi facciamo qualcosa per cui il disabile si sente cittadino, andrà in biblioteca, andrà allo stadio, andrà dove deve andare e lì troverà quello che l’istituzione ha fatto per accoglierlo.

Vi ringrazio.

 

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