Workshop
Il diritto di leggere:  politiche istituzionali e innovazioni tecnologiche per l'accesso dei disabili all'informazione e alla cultura

 

Fiorenza Bernardi - Biblioteche Comunali di Parma


Ritengo che gli interventi che mi hanno preceduto in questo workshop abbiano evidenziato quasi ogni aspetto concernente la realtà bibliotecaria italiana rispetto la disabilità visiva.

Il mio discorso deriva da un’indagine conoscitiva che ho svolto nel corso di quest’anno allo scopo di individuare la presenza nelle biblioteche italiane di servizi digitali per i disabili visivi e, più in dettaglio, di precisarne  le caratteristiche tecniche e la facilità di accesso, i punti di forza e le criticità del loro utilizzo, il coinvolgimento dei bibliotecari, le collaborazioni con istituzioni specializzate, il supporto formativo e le iniziative per la sua promozione.

I risultati costituiscono un contributo alla rilevazione della realtà esistente nella sua definizione geografica, tipologica e funzionale, ma anche uno strumento di interpretazione dell’efficacia delle scelte attuali e di sollecitazione verso scelte future sempre più adeguate alle necessità e alle aspettative dei disabili della vista.

Vado ad esporvi da un lato i risultati in cifre usciti dallo studio e dall’altro alcune considerazioni che ho elaborato al termine del lavoro.

E’ necessario in primo luogo sottolineare come non esista in Italia un piano bibliotecario nazionale per i servizi informativi rivolti alle persone disabili a differenza di quanto accade in diversi paesi esteri specialmente anglosassoni. Una ricerca documentaria o bibliografica su questo argomento conduce ad esiti decisamente insoddisfacenti; da qui la necessità di un’indagine che possa almeno in piccola parte colmare questa lacuna. Sempre in quest’ottica è di grande interesse l’iniziativa della biblioteca di Cologno Monzese volta ad elaborare delle linee guida per i servizi bibliotecari alle persone con disabilità.

Venendo alle cifre, le biblioteche che dispongono attualmente di postazioni informatiche attrezzate per i disabili visivi sono circa quaranta. Sono state anche rilevate sei biblioteche che hanno disposto in passato servizi digitali, ora non più disponibili, per questa categoria di utenti. E’ utile sottolineare un dato che è emerso a lato dell’indagine; si tratta di una quindicina di istituti universitari che in ottemperanza alle normative in tema di diritto allo studio hanno predisposto dei servizi ai disabili visivi (soprattutto disponibilità di attrezzature informatiche e di consulenza tecnica) forniti al di fuori dei servizi bibliotecari e per questo non rientrati direttamente nello studio.

Le biblioteche indagate si dividono quasi a metà tra biblioteche pubbliche, intendo biblioteche di ente pubblico e biblioteche universitarie; le diciannove biblioteche universitarie raggiunte fanno però capo solo a nove atenei. Queste biblioteche si trovano per la maggior parte al nord e al centro Italia; decisamente inferiore il numero delle biblioteche nel sud concentrate in prevalenza nelle isole maggiori.

Molte biblioteche hanno predisposto delle postazioni informatiche dedicate ai non vedenti e ipovedenti nelle loro strutture in una sorta di continuità con precedenti servizi: prestito di audiolibri, libri a grandi caratteri, libri Braille.

Un altro dato rilevante è che nell’80% delle biblioteche l’introduzione di questi servizi innovativi è avvenuta al di fuori di progetti istituzionali (europei, regionali, civici ecc.) e in assenza di collaborazione con altre biblioteche o istituzioni. Di contro è però significativo che un alto numero di biblioteche (ben l’83% delle biblioteche pubbliche) si avvale della collaborazione con le associazioni o gli istituti per i ciechi.

Dal punto di vista tecnico, le postazioni, per la maggior parte di recente installazione, sono in genere attrezzate in maniera adeguata alle esigenze dei disabili visivi. Quasi tutte le biblioteche si sono dotate di sintesi vocale o di display Braille e di programmi di ingrandimento dei caratteri per ipovedenti. In ogni computer è possibile scrivere e leggere testi elettronici; la maggioranza consente la navigazione in Internet e garantisce il collegamento con i cataloghi e le banche dati locali e remote tramite la rete locale o di ateneo.

Sono state prevalentemente le biblioteche pubbliche le prime a sentire la necessità di mettere in pratica il dettato della biblioteca per tutti riconoscendo il diritto alla lettura a coloro che non possono avvalersi dei comuni materiali di studio. Le postazioni informatiche di più lunga data si trovano in queste biblioteche. Sono arrivate poi le biblioteche universitarie, soprattutto a seguito delle leggi sul diritto allo studio, specie dal 1999, superando in breve le biblioteche pubbliche nel numero dei servizi offerti alla loro utenza non vedente. Non bisogna però dimenticare che l’utenza universitaria ha caratteristiche differenti rispetto a quella pubblica in quanto più giovane e più motivata.

Molte biblioteche hanno introdotto l’uso della sintesi vocale in concomitanza alla costituzione di servizi di mediateca in aggiunta ai nuovi strumenti informatici disponibili. Queste scelte non si sono dimostrate efficaci nell’attirare da sole l’utente con disabilità visiva in biblioteca. Numerosi progetti di nuove strutture bibliotecarie considerano la presenza di postazioni informatiche per non vedenti. Quello più rilevante è il progetto della Beic, la biblioteca di documentazione europea che sorgerà a Milano e che prevede di disporre dieci cabine attrezzate con computer ad uso dei disabili visivi.

Riguardo al tipo di attrezzature disponibili è da rilevare un aspetto abbastanza particolare: solo poco più della metà delle biblioteche considerate mette a disposizione dei non vedenti uno scanner con programma Ocr di riconoscimento caratteri. Questo significa che ad una percentuale superiore al 40% di questi lettori è preclusa la possibilità di accedere autonomamente ad un testo a stampa.

Il 58% delle biblioteche ha dei servizi di formazione e di supporto all’uso di queste attrezzature. La formazione rappresenta la carta vincente del successo di talune biblioteche rispetto ad altre e si rivolge non solo al lettore disabile ma anche all’operatore di biblioteca messo in grado di conoscere e di intervenire sul servizio fornito attraverso le postazioni informatiche dedicate. Molti bibliotecari hanno riferito di avere timore ad operare sui computer attrezzati per disabili temendo di procurare danni. E’ comprensibile come questo atteggiamento sia limitante: evitando la conoscenza e l’uso di queste attrezzature si procura un danno maggiore non offrendo un servizio informativo al quale l’utente disabile ha diritto come qualsiasi altro utente.

Il dato uscito dall’indagine che richiede maggiore riflessione è senza dubbio quello riguardante la percentuale di utilizzo di queste attrezzature; meno della metà delle biblioteche entrate nello studio dichiara un uso abituale cioè almeno settimanale o mensile di questi servizi. Quasi un terzo dichiara un utilizzo sporadico e nel 14 per cento dei casi le postazioni non vengono mai utilizzate o addirittura non hanno mai visto un utilizzo dal momento della loro installazione. L’uso è più regolare nell’università, come è comprensibile data la motivazione e lo stato di necessità dell’utente. Altri tipi di servizi come il prestito o la fornitura di audiocassette hanno invece una frequenza di utilizzo regolare.

Perché una così bassa percentuale di disabili visivi utilizza questi servizi predisposti nelle biblioteche pubbliche? Le motivazioni sono di natura diversa e non facili da indagare.

Una biblioteca pubblica avrà anche un’utenza anziana, ad esempio c’è chi ha perso la vista in età adulta, che non sa usare un computer, che non è preparato culturalmente e a questi la biblioteca dovrà fornire un servizio adeguato magari di altro tipo. D’altra parte ci sarà invece la persona che usa già il computer comodamente da casa sua e si chiede per quale motivo debba affrontare il viaggio, andare in biblioteca, usare una macchina che non conosce, magari con un programma diverso da quello che usa abitualmente, quando può leggere tranquillamente dal computer di casa sua; in realtà questo è vero.

La biblioteca può anche servire degli utenti remoti applicando a questi gli stessi criteri di qualità dell’informazione che riserva agli utenti locali; potrebbe ad esempio attivarsi in cooperazione con altre biblioteche per fornire l’accesso a risorse selezionate raggiungibili via Internet, costituire delle comunità virtuali di utilizzatori promovendo la loro partecipazione alle attività della biblioteca e considerando le loro esigenze nella politica degli acquisti e della gestione delle risorse digitali. La cooperazione è un elemento basilare che deve poter riunire  biblioteche, associazioni, utilizzatori.

Abbiamo visto nel corso del workshop quanto ha fruttato l’uso dei tutor esperti nelle biblioteche, abbiamo sentito dell’attività del prof. Loiodice in Sala Borsa e come lui altri in altre biblioteche in Italia con riscontri decisamente positivi.

La promozione, l’accessibilità fisica, l’accessibilità delle risorse, la creazione di servizi web accessibili e ancora, la formazione, la personalizzazione del servizio. Sono questi i cardini sui quali io ritengo si debba lavorare per creare offerte informative in grado di soddisfare le esigenze di lettori con disabilità visiva.

Un discorso di grande interesse riguarda il diritto d’autore. Nel dibattito sul copyright che anima il mondo bibliotecario ho visto pochi o nessun riferimento ai lettori con speciali necessità. La disponibilità dei formati elettronici delle pubblicazioni costituisce la più vasta possibilità di accesso alla lettura per chi non vede. Vorrei richiamare la comunità bibliotecaria italiana che si occupa di diritto d’autore a considerare il diritto alla lettura di chi non può avvalersi di testi a stampa. Un buon accordo è stato stipulato tra editori e la Biblioteca per i Ciechi di Monza riguardo la possibilità di digitalizzare e prestare libri soggetti a copyright. Nonostante questo credo si dovrebbe perseguire la strada di una legge che riconosca pienamente il diritto alla lettura dei disabili visivi tutelando nel contempo i diritti degli autori come accade, con formule anche diverse, in molti paesi del mondo.

La domanda finale: può trovare chi non può leggere il suo libro in biblioteca? La risposta deve essere sì, deve poterlo trovare perché oggi la tecnologia lo permette e perché la professione bibliotecaria lo richiede.

 

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